Come riporta il Colonnello Domenico Chianesi  la brigata “Brescia  fu costituita il 1 novembre 1859 con il 19° e 20° reggimento (già appartenuti alla Divisione Lombardia). In particolare il 19°, prima del 1915, stazionò per diverso tempo in deposito a Monteleone di Calabria (oggi Vibo Valentia). Di questo glorioso reggimento fecero parte il Capitano Nazzareno Cremona comandante di Giuseppe Ungaretti che dedica proprio a lui la poesia “Il Capitano”, e il Cappellano Militare Don Carmine Cortese, nativo di Tropea. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la Brigata “Brescia” è schierata alle dipendenze della 22^ divisione come riserva durante la prima battaglia sull’Isonzo. Questa brigata combatterà,  in seguito, contro le agguerrite posizioni nemiche sulle cime del Monte san Michele e prenderà parte alla battaglia di Gorizia  con il compito di attaccare le cime 3 e 4 conquistate il 6 agosto con un sanguinoso assalto. Sarà una vittoria dopo l’altra. Nell’aprile del 1918, la “Brescia” si trasferisce in Francia e farà parte dell’8^ Divisione Italiana si distinguerà per l’accanimento delle sue battaglie che faranno indietreggiare l’austriaco fino a meritare la Medaglia  dell’Ordine Militare di Savoia. A questa brigata appartennero Il capitano Vincenzo Capialbi di Monteleone,  il tenente Gaetano Raponsoli di Tropea, il sottotenente Vincenzo Arena di Pizzoni, il sottotenente Cesare Capria di Pizzo Calabro, e molti altri soldati delle diverse terre del vibonese. Se la Brescia aveva reclutato diversi ufficiali e soldati della provincia di Vibo Valentia, la Brigata “Catanzaro” che raggruppava  i reggimenti 141° e il 142°  era costituita quasi tutta da calabresi e siciliani e fu impegnata in moltissime operazioni belliche e, come la “Brescia”, un caro prezzo in numero di morti. Una magnifica descrizione di questi fanti  fu espressa dall’allora Tenente Adolfo Zamboni in forza alla “Catanzaro”: piccoli, bruni, curvi sotto il peso del grave fardello, scesero alle stazioni delle retrovie e si incamminarono verso le colline carsiche  gli umili fantoccini della remota Calabria, la forte terra delle montagne boscose e dai clivi fioriti dove pascolano  a mille i placidi armenti. Chiamati alle armi questi poveri figli  di una regione abbandonata lasciarono le loro casette sperdute  tra i monti […] e vennero sulle ricche contrade che il nemico mirava dall’alto […] fieri, indomiti […] i Calabresi non conobbero la viltà, alla Patria in pericolo consacrarono tutta l’energia dei loro rudi cuori, tutto il vigore delle floride vite. Apparivano selvaggi, ed erano pieni d’affetti nobilissimi. Nei nostri paesi il monumento ai caduti delle due guerre consacra la memoria quale sentimento popolare di deferenza e gratitudine  verso coloro che con la loro vita consacrarono al destino la libertà. Ecco cosa scrisse il Colonnello Comandante del Reggimento E. Lombardi, in un dispaccio intestato al sindaco di Vibo Valenti il 25 giugno del 1916, e che pochi conoscono:  Dopo un mese di strenue e vittoriose lotte combattute in alta val Fosina, oggi il reggimento scende al piano a godersi un breve ma meritato riposo.

Il mio primo pensiero, il mio primo saluto giunga deferente e doveroso a Voi ed alla nobile generosa cittadinanza che Voi rappresentate e che io ho l’onore e l’orgoglio d’annoverare numerosa nel mio reggimento. I vostri piccoli e giovani montanari nulla hanno da invidiare in agilità, in resistenza, in forza d’animo, in sentimento patriottico, in valore e sprezzo del pericolo ai robusti e vecchi soldati delle Alpi;  nuovi alla guerra, compenetrati dell’ora attuale, hanno gareggiato e superato i vecchi soldati. Col petto e col cuore hanno formato barriera insormontabile ed invincibile per più di un mese al tracotante nemico, imbaldanzito dai primi facili benché brevi successi ottenuti su le impervie balze del nostro vecchio confine. Con simili soldati l’Italia nulla ha da temere, la sua maggiore grandezza è assicurata. Onore e gloria alla forte e generosa regione che ha dato i natali a questi valorosi; onore ammirazione e riconoscenza imperitura  alla memoria dei nobili eroi che sono caduti per la salvezza e grandezza della nostra patria. Or sono tre mesi questi baldi soldatini a Salerno ed a Nocera d’innanzi un’entusiasta folla di cittadini giurarono fedeltà al Re e alla Patria e giurarono di vincere o di morire; mai motto più bello poteva battezzare il nuovo reggimento; quei cari soldatini sono morti ma hanno vinto. Siate orgoglioso di essere capo di simili cittadini; incidete a caratteri d’oro nel vostro Albo Pretorio i nomi di questi umili eroi a perenne memoria della loro grandezza e della gratitudine che ad essi deve la Patria. Fiero e orgoglioso di essere il condottiero di questi baldi e fieri giovani, vogliate accogliere Voi e le loro famiglie a nome di tutto il reggimento i sensi della nostra più sentita stima e ammirazione per le eccelse virtù, di cui è dotato il vostro popolo, e l’assicurazione che sarò sempre per essi un padre affettuoso ed orgoglioso. Prego la Vostra cortesia di comunicare sopra ai Signori Sindaci del vostro circondario, che annoverano anch’essi molti giovani nel mio reggimento.

Prof. Pino Cinquegrana
Antropologo