Endless Trasgressivo alla moda: eretico
Endless, consapevole della sua modernità trasgressiva, della sua visione emozionale del mondo, è un sostenitore della necessità della storia, in quanto fondazione culturale, radicale, di tutto il pensiero dell’originalità, senza di cui tutto appare casuale, improvvisato, privo di linguaggio.
Questa sua maturazione, linguistica e concettuale, lo ha portato più volte a misurarsi con grandi miti della società dei consumi, alcuni dei quali, ineliminabili dal lessico antropologico, inteso come etimologia della stessa rappresentazione, leggendo in maniera personale, quanto è arrivato a noi, dalla moda, dalla religione, dal glamour, dalla grande bellezza postmoderna, riuscendo ad interpretare l’identità e la differenza, che fanno capo alla psicologia delle forme, che è l’autentico filtro di tutte le visioni, specie di quelle complesse e articolate, che racchiudono intere concezioni del mondo.
Non bisogna leggere le sue opere come rifacimenti, ma in realtà si tratta di misurazioni, di studi, provocazioni, dove la calligrafia della scrittura artistica, non è altro che un’interpretazione, sia pure sobria con l’aria della replica, che non sollecita troppo la parte dell’occhio, anche se al cambiare delle tecniche, corrispondono delle telluriche nelle poetiche, senza contare che si è trattato, in ogni caso, di conflitti, tra un’essenzialità iconologica ed una emozionalità originalizzante.
Nelle opere di Endless tutto parla di noi, delle nostre sensuali e sanguinolente carni, adatte al martirio e alla sofferenza, del venire trasbordati dentro il delirio, alle soglie della trasfigurazione, simulanti e trasgressivi, ma traditi, dagli sguardi fotografici, dal taglio dei capelli, attuale, dagli abiti finto laceri, dal trucco dei volti.
Pittura corporale spinta sulla scena della rappresentazione stradale, accessibile a tutti, aperta a contaminazioni ereticali, in un tempo di anticonformismo pieno, dove tutte le virgole sono fuori posto, senza castighi crudeli . Endless elabora le sue dilatazioni simboliche, passando dal pennello allo spray, dal lusso al pop, e fa specchiare due perfezioni diverse, l’una sapienziale e tragica, vissuta sul filo tagliente dell’eresia e della follia, l’altra scientifica, sperimentale, elaborata analiticamente, sul crinale di un perfezionismo, paradossalmente analogo, sulla simulazione, mettendo insieme il museo e la strada, il moderno e il postmoderno. Il risultato è altamente poetico, seppure in maniera diversa, non fosse altro che per la diversità delle concezioni del peccato e della salvezza e dello stesso ruolo dell’arte, intessuto nelle pieghe misteriose che reggono gli equilibri della vita e della morte, che rimangono ancorate ai bisogni radicali della specie umana, quelli a cui nessuno potrà dare risposte definitive, che nessun gioco culturale è mai riuscito ad esorcizzare. Di tutto questo, il clima della urban art, diventa il punctum di connessione tra la grande arte, la cui discontinuità, sia quando è automatica e muscolare, sia quando è ricercata e intellettuale (Endless è partecipe di entrambe) serve alla strategia del sogno, alla fantasia, che il realismo parossistico e popolare, come questo, può incorporare, in quantità elevate, che è quella del sarcasmo e della tragedia, le cui categorie emotive ed esistenziali fanno parte di un corredo trasversale che interessa tutti e non esclude nessuno.
L’artista trova nella società dei consumi e delle mode, una potente polarità dialettica della spettacolarità ironica, che diventa la summa dell’apparenza che in essa confluisce, i cui padri spirituali sono Duchamp e Basquiat, ma anche Warhol e Gilbert & George. Si tratta di una sorta di verifica dei poteri della fenomenica delle arti, di sapere utilizzare le stimmate di una tematica alta, capace di tenere nello stesso registro, lo scandalo e la spiritualità, che sono i fondamentali di noi stessi, forza di riflessioni, che dalla fisica di trucchi e artifici, salgono alle alte vette di un visibile dell’invisibile, versus un invisibile del visibile.
Prof. Pasquale Lettieri Critico d’arte