di Don Enzo Bugea Nobile

Il bene non è un gesto isolato.
È una direzione,non nasce dall’istinto, ma da una scelta ripetuta.
Si impara, si coltiva, si semina
e come ogni seme, chiede tempo, fiducia, silenzio.
Viviamo in un’epoca che misura tutto in risultati immediati,
il bene, invece, lavora in profondità.
Non promette ritorni rapidi, ma trasformazioni lente.
Bonum non clamat, sed operatur.
Il bene non grida: opera.
Fare il bene non è un premio morale è una necessità ontologica.
L’uomo, se non ama, si ammala,
diventa cinico, si chiude, si irrigidisce.
La filosofia antica lo sapeva:
la felicità non è accumulo, ma armonia,quando pensiero, parola e gesto tornano a coincidere,l’anima ritrova il suo centro.
Unitas interior, pax exterior.
L’unità interiore genera pace esteriore.
È per questo che il Vangelo osa dire una cosa così netta,
così poco sentimentale e così vera:
«C’è più gioia nel dare che nel ricevere».
Non perché ricevere sia sbagliato,
ma perché donare ti mette nella postura giusta davanti alla vita.
Ti apre, ti decentra, ti rende libero.
Donare è un atto immensamente umano,
è il momento in cui smetti di chiederti
“cosa mi spetta”
e inizi a domandarti
“di cosa posso prendermi cura”.
Seminare il bene non cambia solo chi lo riceve,
cambia chi lo compie,
lo rende più abitabile, più vero.
Caritas est forma vitae.
La carità è la forma della vita.
Gesù non ha fondato una teoria.
Ha inaugurato uno stile.
Ogni gesto era dono, ogni incontro una possibilità di rinascita,
non tratteneva nulla, e proprio per questo non perdeva nulla.
Quando fai il bene, anche piccolo,entri in quella stessa logica:
non possiedi, accogli,
non domini, servi
e servendo, ti espandi.
Fare del bene ti fa stare bene
perché ti restituisce alla tua misura più autentica.
Non sopra gli altri,
non contro gli altri,
ma con gli altri e in questa comunione silenziosanasce una gioia che non fa rumore,
ma resta.