Il pericolo della chat Omegle

Gli incontri al buio, e con sconosciuti, potrebbero intrigare la mente di adolescenti che, per natura, sono in cerca di avventura e di situazioni rischiose per crescere e sperimentarsi. Sembrerebbe essere una strada percorribile per sentirsi meno soli ed annoiati.

La noia, di fatto, è imperante e, inoltre, la solitudine si accompagna ad un senso di vuoto che, talvolta, appare come infinito e impetuoso. Nulla sembra poter riempire gli attimi di un tempo che scorre senza sosta e, soprattutto, senza una cornice di senso. E, sempre più volte, si cerca un significato da dare alle proprie esistenze nella perdizione della rete, un “non luogo” tutt’altro che sicuro e funzionale.

È questa la condizione degli adolescenti che incontro nelle mie giornate di lavoro, o nei racconti dei loro adulti di riferimento, sono pezzi di storie di vita che lasciano dentro un’impronta oscura e dissestante.

Nell’offuscamento s’intravede, a mio parere, una luce, anche se velata, una luce che, in un percorso di terapia, potrebbe trasformarsi in concreta speranza, la speranza di venirne fuori, senza ledere se stessi e gli altri.

Non sempre però gli adolescenti ricevono un’adeguata attenzione, tale da poter sbrogliare matasse ingarbugliate e confuse. Spesso, rimangono intrappolati in situazioni di difficile gestione.

Negli ultimi tempi, i pericoli e le trappole si moltiplicano, l’ultimo allarme riguarda il social network “Omegle.com”, ove sesso, perversioni e malintenzionati regnano incontrollati.

La concretezza del pericolo è allarmante ed è necessario mobilitarsi per rispondere ad una realtà che desta preoccupazioni significative.

Gli adulti, spesso, preferiscono nascondere e non sapere perché, ad un livello di funzionamento più profondo, hanno paura di poter essere inermi ed impotenti, è anche un modo per evitare il dolore della vita, come se bastasse celarlo per non esserne travolti. E invece non basta, anzi è una modalità di affrontamento peggiorativa perché i nostri ragazzi, in questo modo, rischiano di rimanere veramente soli, impauriti e spaventati mentre si accingono a conoscere se stessi e il mondo.

Ma cosa succede su Omegle?

Anzitutto, mi preme sottolineare che è un social alla portata di chiunque, grandi e piccoli, ed è di facile accesso, non è prevista, infatti, nessuna registrazione e si garantisce l’anonimato. Non ci sono, dunque, nomi, mail, contatti, numeri di telefono. Si inizia pigiando il tasto “Start a chat” e si entra così in un territorio proibito con uno slogan inquietante, ossia “Talk to strangers”. Le chat concluse si autodistruggono automaticamente. Ma le ripercussioni sui ragazzi rimangono e non vanno via da sole. Il contesto di Omegle prevede che si entri in chat con degli sconosciuti, una sorta di roulette russa in cui si può scegliere di condividere testi e video. Sono conversazioni

spinte e agghiaccianti per ragazzini di 11 anni, o poco più. Sono adolescenti impreparati e poco informati rispetto ad ambienti tanto perversi, tuttavia si ritrovano a girare in rete in una condizione di totale disregolazione emotiva.

Incappano, pertanto, in situazioni terribili che, da soli non possono certamente gestire. Diventano, letteralmente, carne da macello in mano di chi è in agguato, pronto a mettere in moto adescamenti online e a ricorrere ad azioni ripugnanti, capaci di rubare l’innocenza di un periodo della vita che dovrebbe essere fatto di spensieratezza e di sane sperimentazioni.

Sono fenomeni angoscianti che richiamano, a gran voce, l’attenzione del mondo degli adulti e che preoccupano da un punto di vista clinico, psicologico, psicopatologico e sessuologico. È per questo che credo fermamente sia conveniente, quantomeno, parlarne, in modo da creare un movimento virtuoso di informazioni utili.

I ragazzi, spesso, credono di divertirsi e non scorgono il pericolo e la minaccia, finché non vivono, sulla propria pelle, le dannose e prevedibili conseguenze di un sexting sconsiderato, praticato con persone estranee di tutto il mondo. In siti come Omegle inizia a prendere forma anche il sexting passivo, un’altra disarmante forma di violenza per gli adolescenti che si ritrovano a subire abusi e soprusi senza neppure esserne a conoscenza.

Il gioco, quindi, diventa sempre più pericoloso tanto da non poter neppur essere immaginato come un gioco, e gli adulti di riferimento sono, obbligatoriamente, chiamati a smettere di essere struzzi con la testa sotto la sabbia, nascondere non è la soluzione.

L’alternativa è, piuttosto, alzare la testa e osservare con scrupolosa attenzione i fatti che riguardano i nostri ragazzi perché non vanno lasciati soli in situazioni che sarebbero perturbanti e confondenti anche per un adulto maturo.

Gli adolescenti, nel pieno della costruzione della propria identità psicofisica e della propria maturazione evolutiva, chiedono di essere guardati negli occhi, di essere ascoltati, riconosciuti e validati. Potrebbe apparire cosa semplice ma non lo è affatto in quanto richiede, da parte dei grandi, azioni impegnate, consapevoli e continuative. Ci potremmo così accorgere di quanto possa essere preziosa ed efficace la nostra presenza, una presenza sicura capace di aiutare i ragazzi lungo il percorso evolutivo, preservandoli da rischi importanti che, altrimenti, segnerebbero le proprie esistenze con ferite emotive e con danni psicologici, o addirittura con esiti fatali.

Dott.ssa Rosetta Cappelluccio
Psicologa Psicoterapeuta