di Monica Macchioni

Un messaggio che si fa carezza per chi soffre e, allo stesso tempo, richiamo forte alle coscienze. In occasione del Natale, Maurizio Raimondo, Patriarca II della Chiesa Veterocattolica Apostolica Missionaria, ha rivolto ai fedeli e all’intera comunità un augurio che supera la dimensione liturgica per assumere il valore di un autentico appello morale e sociale.

Nel suo messaggio natalizio, il Patriarca ribadisce come il Natale rappresenti innanzitutto l’incontro con l’altro, in particolare con chi vive una condizione di fragilità. «La nascita di Cristo – sottolinea – ci ricorda che Dio sceglie la povertà e la semplicità per entrare nella storia dell’uomo. È lì, negli ultimi, nei dimenticati, nei poveri, che siamo chiamati a riconoscerlo ancora oggi».

Un richiamo che trova riscontro concreto nell’azione quotidiana della Chiesa Veterocattolica Apostolica Missionaria, impegnata in numerosi contesti territoriali in opere di accoglienza, sostegno alimentare, assistenza alle famiglie in difficoltà e accompagnamento spirituale di chi vive situazioni di marginalità ed esclusione.

Il lavoro costante svolto da sacerdoti, diaconi e volontari viene indicato dal Patriarca come la forma più autentica di testimonianza cristiana. Non una carità episodica o assistenzialista, ma una presenza continuativa, capace di restituire dignità, ascolto e speranza. «La carità – afferma Raimondo – non è un gesto che umilia, ma un atto che rialza. È condivisione, non elemosina».

Nel suo augurio natalizio non manca uno sguardo lucido e preoccupato sul contesto internazionale. Raimondo esprime con chiarezza il proprio dissenso verso la crescente militarizzazione del mondo e la logica della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. «Viviamo in un tempo in cui si investe più nella distruzione che nella vita. Il Natale ci chiede di invertire la rotta: la pace non si costruisce con la corsa agli armamenti, ma con il dialogo, la giustizia sociale e il rispetto dei popoli».

Parole che assumono un valore profetico in un’epoca segnata da crisi umanitarie, migrazioni forzate, povertà diffuse e solitudini silenziose. Il Patriarca invita a riscoprire una fede incarnata, capace di tradursi in scelte concrete, personali e collettive. «Non possiamo celebrare il Natale – ammonisce – se chiudiamo gli occhi davanti alla sofferenza dell’altro o se riduciamo la fede a un rito svuotato di responsabilità».

Ampio spazio è dedicato anche al tema della fraternità universale, intesa come superamento di barriere culturali, religiose e sociali. Nel pensiero di Raimondo, la carità cristiana non conosce confini né condizioni: è rivolta a ogni essere umano, senza distinzione di provenienza, credo o condizione di vita. Un principio che ispira l’azione della Chiesa Veterocattolica Apostolica Missionaria e che rappresenta, secondo il Patriarca, l’unica via per costruire una società più giusta e solidale.

Il messaggio natalizio si conclude con un augurio che è anche una benedizione: «A tutti coloro che si sentono soli, smarriti o oppressi, auguro di sentire la presenza di Dio come forza che sostiene e illumina. Che questo Natale possa risvegliare in ciascuno di noi il desiderio di fare il bene, di costruire ponti e di scegliere la pace, ogni giorno».

Un Natale, quello proposto da Sua Beatitudine Maurizio Raimondo, che non si esaurisce in una celebrazione, ma diventa cammino, impegno e testimonianza viva di carità e speranza.