Dall’Io corsaro al Noi di solidarietà
1. La solitudine dell’Io e la socialità del Noi
Nei recenti frettolosi tempi la madre Terra, che ha sulle spalle i suoi annetti, mostra di non tollerare più di tanto la squinternata pressione degli oltre otto miliardi di suoi figli. E soprattutto essa ci avverte di non poter più sopportare i guasti del continuo brigantaggio umano, spesso coperto da sistemi giuridici che ignorano la giustizia (v. crisi climatica ed energetica, Amazzonia, geopolitica di guerra, ecc.).
Il guaio è che nessuno può vantare di avere in tasca un vaccino adatto a salvare questo mondo, ormai descritto al tracollo sotto i colpi della sempre più diffusa pratica della avidità, della cupidigia e dell’accumulo. Un mondo quindi dominato dal potere del denaro, o meglio dire dalla “biocrazia capitalistica” (v. Gianni Vacchelli, “Non avrai altro idolo al di fuori di me”, Mimesis, 2023).
Per questo le persone oggi somigliano a una immensa confusa massa di individui(indivisibili, separati), a tanti indistinti uomini-macchina privi di identità. Da qui la solitudine che induce alla posticcia esibizione da timidezza, per cui un po’ tutti si muovono in modo grottesco con ansia frenetica, alla stregua dei corsari del lontano passato, cioè di corsa per sperimentare ciascuno le proprie scorrerie di predazione.
Viene in tal modo ignorato il catalogo dei valori e finanche il manuale delle buone maniere, destinato a collocare la persona umana nel contesto della sosteniblità sociale. L’indifferenza, o peggio l’ostilità verso gli altri, viene dunque a ridurre in frantumi quella filiera di solidarietà e di reciprocità, catena unica in grado di trasformare la fragilità dell’Ionella ricchezza del Noi, consolidando il comune percorso di vita.
Molti però consumano in una burocratica quotidianità quel che resta dei loro cromosomi, inseguendo gli illusori territori dei beni materiali, che comunque assicurano solo una felicità effimera e superficiale.
Personalmente mi è dato di incontrare, con il volontariato in diverse scuole, i giovani studenti, generalmente descritti dipendenti (ma anche beneficiari!) sin da bambini del telefonino e dei social.
Trovo invece i ragazzi quasi sempre interessati e coinvolti quando propongo di analizzare e approfondire insieme i valori fondamentali che regolano la vita individuale e collettiva, a cominciare dai complicati concetti di verità, di libertà e di pace.
2. Il mito della caverna contro l’ignoranza
In tali circostanze mi sembra utile raccontare – come un tempo facevano i nonni coi nipoti – l’antico mito (dal greco, favola) della caverna di Platone. Dove si immagina che in una caverna sotterranea, con l’entrata aperta alla luce, degli uomini incatenati fin da fanciulli gambe e collo verso il muro più profondo, non possono volgere attorno il capo. E perciò scambiano le ombre proiettate sul fondo come oggetti reali; e neppure sarebbero disposti a dar retta a uno dei prigionieri che, se del caso riuscito ad evadere e a conoscere il mondo esterno, insistesse a convincerli a seguirlo nella fuga per conquistare la verità insieme alla libertà.
Questa favola senza tempo intende significare il valore identitario collettivo, nell’intreccio naturale tra Io e Noi. Tuttavia la fusione di identità diverse presuppone la ricerca della verità attraverso l’intelligenza, ossia la capacità intellettuale di comprendere la realtà alla luce o al “lume” della ragione, il lògos dell’antica cultura greca.
In ogni caso, e forse provvidenzialmente, la storia umana, che da sempre già di suo si dibatte tra il bene e il male, è tutta intessuta di dubbi e perplessità intorno a ciò che è vero e a ciò che è falso. Perciò tali incertezze sono tuttora di casa nei nostri tribunali e nei contrapposti interessi affaristici, mascherati da ideologie politiche; ivi comprese le democrazie malate, dove le decisioni intorno alle cose più grandi sono affidate ai più incapaci. Senza trascurare le tante feroci dittature e gli scioccanti integralismi quali quelli che, ad es., hanno ridotto l’Iran e l’Afghanistan in una immensa prigione per le donne; mentre anche l’Israele ortodosso non … scherza con le donne.
La verità non è dunque una “cosa” accessibile una volta per tutte, e va anzi costantemente coltivata per sollevarla dalle nebbie dell’ignoranza, dei pregiudizi e delle convenzioni stupide: e ciò necessariamente attraverso la cultura.
Purtroppo però sotto questo aspetto la nostra beneamata Italia sta messa maluccio, sebbene vanti il ricco patrimonio della civiltà greco-romana, dell’Umanesimo rinascimentale e del gusto del bello.
Le statistiche ufficiali del luglio 2023 segnalano infatti che la maggioranza della nostra popolazione, dai nove anni e oltre, non ha un’adeguata preparazione scolastica, legge poco e ancor meno scrive. Con la conseguenza che la media della gente è prigioniera di una formazione distinta per immagini secondo lo stile proprio della tele-matica(informazione da lontano) e tipica della solitudine propria dei social.
A ciò va poi aggiunta la scarsa educazione civica, (non) impartita da genitori infantilizzati, in competizione buonista e insieme apatica coi figli e i più giovani.
3. Il dilemma dei porcospini
Passiamo quindi ad affrontare, in aperto dibattito, lo spinoso argomento che riguarda lalibertà.
Chiede subito di intervenire Tommaso, il capellone con vocazione artistica, per sostenere che, secondo lui insieme a Francesco e ad altri compagni, la libertà consiste nel poter fare quel che si vuole. Replica prontamente Letizia, per la quale la propria libertà trova il suo confine là dove inizia quella di Virginia, l’amica al peperoncino. Ed ecco insorgere Lavinia che – sostenuta da Federica e Ludovica – suggerisce la necessità e l’utilità di mettere assieme e unire le libertà di ciascuno per armonizzarle e consolidarle in direzione del bene comune.
Resi i meritati complimenti ai ragazzi intervenuti, non trovo di meglio che raccontare la storiella nota come “dilemma dei porcospini” del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer(1788-1860).
Sentite questa, dunque: in una gelida serata d’inverno si incontrano due porcospini che, per combattere il freddo, si stringono da presso; probabilmente troppo, visto che si pungono con gli aculei, e perciò si distanziano, ma avvertono di nuovo freddo; perciò, provano e riprovano, alla fine riescono a trovare la distanza giusta per riscaldarsi senza pungersi.
Questo significa che ogni individuo, in quanto persona titolare di valori e di diritti originari e comuni a tutti, deve necessariamente provare a stringere continuamente patti (da pax, pace) con gli altri, se vuole vivere in pace.
Tale processo è però ostacolato ad ogni piè sospinto dal richiamato egocentrismo di ciascuno, spesso e volontariamente manifestato anche con l’uso della violenza.
Si tratta allora di intraprendere un viaggio spirituale e immaginario, come sanno fare i poeti, per calarsi nelle gallerie aperte dal codice dell’anima, e cercare da dentro con l’occhio percettivo del cuore (e non … dei genitali, come oggi va di moda), tempi e opportunità necessari alla convivenza condivisa; con l’auspicabile impegno a diventare magari amico anche del nemico.
Solo così sarà possibile infatti evitare il male e i conflitti ben presenti nel mondo, e bilanciare il freddo della distanza e della solitudine con il calore dei legami sociali, favoriti dall’amore e dalla giustizia.
In conclusione, ben venga la solidarietà nella prossimità!
Ma attenzione a certe invadenze di troppo, visto che, come ci ricordano la tragica invasione bellica dell’Ucraina e la saggezza umoristica del calendario napoletano, “ ‘e pariénte so’ comm’ ê scarpe: cchiú so astritte e cchiú te fanno male”.
In ogni caso, coraggio ragazzi, perché c’è sempre un dio che schiude le porte all’imprevisto…
Benito Melchionna
Procuratore emerito della Repubblica