di Letizia Bonelli
Giornalista esperta in Web Reputation
C’è un ronzio nell’aria, e non è una cicala. È il suono sordo e metallico di un drone che passa sopra le nostre teste, in quel luogo sacro e fragile che è una spiaggia, un confine tra il cielo e l’umano, tra la libertà del vento e la vulnerabilità del corpo. Chi manovra quei piccoli occhi volanti forse non se ne rende conto, o forse sì, ma quel gesto apparentemente innocente è una ferita aperta al pudore, una crepa nel diritto a restare invisibili.
Ci riprendono mentre dormiamo, leggiamo, ridiamo o piangiamo con i piedi affondati nella sabbia, senza chiedere, senza capire, senza rispetto. Non siamo oggetti da sorvolare, siamo esseri viventi, fatti di carne, anima e segreti.
Viviamo un’epoca in cui la tecnologia si è fatta protesi dell’occhio umano, ma in questo sguardo esteso non c’è calore, compassione o spiritualità. C’è solo una bulimia di visibilità, una raccolta di dati, immagini e contenuti. Eppure, c’è qualcosa che sfugge a ogni lente, pixel o algoritmo: la dignità dell’anima. È il mistero di un corpo che sceglie di non mostrarsi, è la libertà di esistere fuori campo.
Ci siamo convinti che tutto possa essere registrato, condiviso, monetizzato, ma non è così. Il silenzio ha ancora diritto di cittadinanza. La privacy è ancora un sacramento laico, e la spiaggia, sotto il cielo, è un altare profanato.
Ogni volta che un drone ci sorvola senza permesso, una parte del nostro essere viene scippata. Non si tratta solo di un illecito, ma di un peccato etico, la riduzione dell’altro a oggetto, la dimenticanza della sua sacralità. La domanda non è più soltanto: “È legale?”. Dobbiamo chiederci: “È umano? È giusto? È rispettoso dell’anima?”.
Abbiamo bisogno di una nuova ecologia della visione, di uno sguardo che non si imponga ma contempli, che non invada ma accompagni, che non possegga ma riconosca.
Chi ci tutela da questo scempio? Le leggi ci sono, ma prima della legge c’è la coscienza, c’è il sentire. Denunciare è giusto, doveroso, ma ancora più urgente è educare, risvegliare, far capire che non tutto ciò che è possibile è lecito, e non tutto ciò che è legale è giusto.
Non possiamo vivere in una società in cui l’intimità è un bersaglio e la spiritualità un’illusione. Abbiamo il diritto a un’ombra non sorvegliata, a un respiro senza testimoni, a una nudità che non diventi spettacolo. Perché siamo più dei nostri corpi, siamo storie, fragilità, silenzi, e questi meritano rispetto, anche e soprattutto sotto il sole.