di Monica Macchioni
C’è un dato politico difficilmente contestabile: l’azione di Roberto Vannacci ha ridato energia e centralità a una parte della base della Lega che negli ultimi anni sembrava aver perso identità, entusiasmo e riferimenti ideali. Al centro di questo processo c’è il mecenate Luca Sforzini, che con la sua “Legione del Castello” ha creato un punto di aggregazione e riflessione destinato a lasciare un segno.
Il “Castello Sforzini”, collocato in una posizione strategica tra Piemonte e Lombardia, si è trasformato in un vero laboratorio politico e culturale. Non si tratta di un nostalgico rifugio per reduci di una stagione passata, ma di un luogo in cui parole come identità, onore e radici tornano a essere motore di azione politica, non ricordi sbiaditi.
È in questo contesto che la figura di Vannacci smette di essere solo quella di un outsider scomodo e diventa un catalizzatore di consenso reale. Piaccia o meno, i numeri parlano chiaro: senza l’apporto elettorale del generale, la Lega alle ultime elezioni avrebbe rischiato un risultato sotto la soglia del 6%. Una spinta che ha consentito a Matteo Salvini di salvare la faccia e al partito di restare competitivo in un momento di forte difficoltà.
Dietro a questo successo, tuttavia, si muove anche un nervo scoperto: la tensione interna tra chi immagina un partito chiuso, statico, con posizioni consolidate e controllabili, e chi invece vede nella crescita e nel fermento delle basi un’opportunità di rilancio politico. È in questa crepa che la Legione del Castello si è inserita con intelligenza e tempismo.
La “Legione” non è un partito né una corrente formale: è una rete di gruppi civici e culturali, in larga parte provenienti dai Team Vannacci del Nord-Ovest, uniti dall’idea di restituire al territorio il coraggio di pensare e agire autonomamente. Non un luogo di propaganda, ma un ponte tra riflessione e militanza. “Dal pensiero alla prassi, dalla parola alla pietra” – è questo, in sintesi, lo spirito del progetto Rinascimento lanciato mesi fa e ora divenuto struttura politica e culturale attiva.
I primi sette minuti dell’intervento inaugurale di Sforzini, diffusi su YouTube, raccontano molto più di un incontro: raccontano la nascita di una comunità consapevole, che parla di libertà, appartenenza e rinascita morale. Non una patria di slogan urlati, ma una patria costruita nel lavoro, nella cultura, nell’amicizia.
Mentre a Roma la Lega inciampa su passaggi politici delicati — come la recente “scivolata” in legge finanziaria, ammessa dallo stesso Salvini — al Castello Sforzini si consolida una rete che ha già un peso politico tangibile e potrebbe presto diventare un attore nazionale.
In un Nord-Ovest che non vuole più delegare altrove la propria identità, Sforzini e la Legione hanno ridato voce e spazio a un sentimento diffuso. Per la Lega si tratta di una sfida cruciale: contenerlo, assorbirlo o cavalcarlo.
Quel che è certo è che, nel vuoto lasciato da un partito sempre più verticalizzato, la Legione del Castello si muove veloce. E per molti, oggi, rappresenta più di un’alternativa: rappresenta una direzione.





















