1.- La libertà, valore supremo e … “pesante”
Nel motto della rivoluzione francese del 1789 la liberté si trova al primo posto. Essa perciò viene prima della egalité, in seguito molto enfatizzata come bandiera, sia dai sistemi liberali, sia dal marxismo teorico, tuttavia – per quanto risulta – senza stabili successi per entrambi.
La liberté viene anteposta anche alla fraternité, già predicata dal Vangelo, che però non sembra abbia scalfito più di tanto la inquietante eredità di Caino e Abele, di Romolo e Remo e via cianciando di … amore fraterno.
Il primato della libertà (insieme alla “dignità”) deriva dal fatto che essa rappresenta la principale delle virtù etico–sociali, quale valore originario supremo distintivo di ogni essere umano; che, non a caso, viene al mondo nudo “di” tutto e separato “da” tutto, e perciò all’evidenza libero.
Tuttavia, come annotava Leopardi (1798 –1837) in uno dei suoi celebri ”pensieri”, la stessa libertà originaria incontra molti limiti soggettivi e oggettivi; una sorta di “vestito” che ammanta e spesso limita la libertà istintiva, rendendola “pesante”, appunto sotto il peso della responsabilità morale che accompagna la conoscenza e i condizionamenti sociali.
Peraltro, che razza di libertà sarebbe mai quella di chi nasce nudo, senza neppure averlo chiesto, e per giunta nella incapacità di usarla e di sopravvivere da solo?
Il primo guaio sta dunque nella solitudinedell’individuo, che già per Platone (428–348 a.C) risultava separato, per atto di superbia, dalla unicità della infinita energia cosmica.
Sarebbe allora una bella pretesa quella di volere, da una parte, essere autonomo e gestire la vita in modo anarchico, fruendo nel contempo della rassicurante inclusione nella comunità dei propri simili; senza dall’altra concepire la necessità di assoggettare la propria congenita libertà ai limiti e ai “pesi” fisici, etici, spirituali connessi a tale appartenenza.
Perciò la libertà va intesa come palestra quotidiana per allenare la coscienza e il libero arbitrio, al fine di contrastare le lusinghe del consumismo e della dominante sovranità digitale; riflettendo così su ciò che già induceva Dante (1265-1321) a sospirare: “libertà va cercando, ch’è sì cara / come sa chi per lei vita rifiuta”.
2.- The four fredoom
Nel celebre discorso rivolto al Senato il 16 gennaio 1941, il presidente USA Franklien D. Roosvelt enunciò le quattro libertà fondamentali che sostengono la democrazia: – libertà dal chiedere; – libertà dalla paura; – libertà di parola; – libertà di culto.
Balza anzitutto in evidenza la distinzione tra le libertà “di” e le libertà “da”. Distinzione che possiamo dedurre anche dal catalogo introduttivo (artt. 13-28) della nostra Costituzione repubblicana; la quale si propone, in primis, di consacrare i valori democratici “inviolabili” della libertà personale, del domicilio e della segretezza della corrispondenza. Richiamando poi i diritti civili “di” fare e “di” non fare, propri della civiltà giuridica affermata dai sistemi liberali dell’era moderna.
Invece, muovendoci nella sempre più complessa “realtà effettuale”, già analizzata con qualche spregiudicatezza da Niccolò Machiavelli (1469 – 1527), è certamente più difficile realizzare le molteplici libertà “da”.
Ciò perché un conto è cercare di esercitare i diritti positivi riconosciuti, altro è “liberarsi”dalle complessioni esistenziali indotte da paureimmotivate e dal bisogno di chiedere … agli altri.
Sappiamo infatti che è sempre impresa ardua quella di liberarsi – anche con l’aiuto della trasgressione (= andare oltre, non contro) – dalla schiavitù delle varie dipendenze da sostanze e/o da comportamento.
Superando anzitutto l’ignoranza, fonte copiosa di pregiudizi e di chiusura verso l’ampiamento della curiosità culturale, oggi uccisa dal nulla cosmico del lassismo e dei modelli cafoneschi dei social e della TV spazzatura.
3.- Il potere: un mondo di sbarre
Un sapido proverbio napoletano ricorda che “ ’O ccummannà è meglio d’o fottere”, comandare è meglio che fare sesso. Infatti, il potere e il comandare (dal latino, “affidare” la propria volontà affinché sia eseguita) stanno a indicare potenza, energia e forza vitale. Che purtroppo risultano spesso finalizzate a sottomettere al proprio piacere-dominio le diverse entità esistenti, nonché a ridurre gli altri all’obbedienza(rifiutata comunque da chi è ribelle e può nel contempo disporre di … alternative).
Dalla citata “fonte” nasce e si afferma dovunque un mondo fatto di arbitrio, di prepotenze, e di mille sbarre, che limitano o addirittura soffocano l’anelito alla piena realizzazione della libertà umana.
Per questo le manifestazioni che coprono di ipocrisia, o anche di semplice convenzionale diplomazia, il potere istituzionalizzato (in famiglia, a scuola, in chiesa, negli ambiti di lavoro e dello scambio …) cercano di legittimare anche il potere arbitrario, invocando l’obbligo di applicare un consistente nucleo di regole etico-sociali e, in particolare, la forza della legge come ufficialmente codificata.
Tuttavia le regole e leggi, in particolare nelle democrazie instabili, rischiano spesso di degenerare nella legge della forza; la quale, per sua natura, esprime dittature, sovranismi e sovrastrutture che portano inevitabilmente alla marginalizzazione dei soggetti fragili e dei diseredati.
Perciò il potere politico, trasformandosi in meticciato affaristico, tenta di coprire i citati buchi neri rivendicando il primato del principio di autorità; impostando però, nei fatti, una gestione autoritaria, accreditata appunto per imporre e controllare un determinato tipo di ordine sociale, contro la “ingovernabile” confusione delle cosiddette “libertà perverse”.
Questi temi meritano comunque ulteriore approfondimento all’esito della tornata elettorale del 25 settembre 2022. Quando cioè sarà possibile analizzare, con più puntale cognizione di causa, le prospettive del prossimo futuro, che però già appare tormentato nel teatrameideologico di ben 101 partiti-“spezzatino”.
Un quadro certamente poco rassicurante, considerata la rissa permanente tra chi si guarda indietro per conservare i privilegi acquisiti e chi – in nome di un vago progressismo – promette una qualità della vita all’insegna del garantismo e della legalità…
Dott. Benito Melchionna
Procuratore Emerito della Repubblica