Il leone e il suo riflesso
“Il leone e il suo riflesso” è un breve racconto con una morale, che fa riflettere sul modo in cui si possono affrontare i problemi e fare il temuto primo passo necessario per liberarci da essi.
L’insicurezza, un’eccessiva sensibilità, i traumi vissuti, possono portarci a proiettare al di fuori di noi paure e timori che assumono la forma di pericoli, i pericoli a loro volta diventano impedimenti, impedimenti al nostro agire, al nostro essere liberi e padroni di noi stessi.
Respirare la propria consapevolezza e la propria libertà è una delle sensazioni più belle che si possano provare. La consapevolezza della nostra forza è ciò che ci permette di agire e di andare nella direzione che più ci corrisponde, pensando al presente, ricordando che la vita è l’attimo stesso in cui viviamo.
La paura ci porta a vivere a metà, eternamente appesi ad un filo come funamboli, senza mai avere il coraggio di lanciarci nel vuoto, nello spazio infinito delle possibilità.
Il Racconto
Un giorno, il leone si addentrò nel bosco dove era solito cacciare e, nel tempo libero, anche giocare, finché a un tratto si sentì stanco e assetato. Mentre cercava da bere, arrivò a uno stagno che conteneva l’acqua più fresca, invitante e appagante che si possa immaginare.
Così, il leone si avvicinò allo stagno, allungò il collo e cercò di bere un lungo sorso d’acqua. All’improvviso, però, vide il proprio riflesso e si spaventò, pensando che fosse un altro leone fermo di fronte a lui.
“Scommetto che quest’acqua appartiene a un altro leone, è meglio se me ne vado subito da qui senza fare rumore”, pensò l’animale. Piano piano, tornò sui suoi passi, ma presto la sete lo fece riavvicinare allo stagno. Allora vide di nuovo la testa di un leone spaventoso e dalla folta criniera restituirgli lo sguardo dalla superficie d’acqua.
Il leone si accovacciò, in attesa del momento più opportuno per spaventare “l’altro leone”. Come faceva sempre per marcare il proprio territorio o per segnalare la propria presenza, spalancò le fauci ed emise un ruggito terrificante. Tuttavia, come c’era da aspettarsi, appena mostrò i canini aguzzi, anche la bocca “dell’altro leone” si spalancò. Tutto ciò apparve al nostro leone come una visione orribile e pericolosa.
Il leone continuava ad allontanarsi dallo stagno, ma poi prendeva coraggio, si riavvicinava all’acqua e riviveva la stessa esperienza. Nonostante ciò, dopo un po’, il leone era talmente assetato e disperato che si decise a bere: “Leone o no, io berrò da quello stagno!”. Appena affondò il proprio muso nell’acqua… l’altro leone sparì!
Antonia Notaro