1500 negozi firmati Giorgio Armani nel curriculum, poi una nuova sfida: portare qualcosa del suo stile nel mondo di Diane von Furstemberg.
One Magazine incontra l’architetto italiano che i newyorkesi fermano per strada perché sa abbinare i toni di blu. Ma non solo.
Brand americano architetto italiano. Dopo la lunga esperienza con Armani, cambiano le regole dello stile con Diane Von Furstemberg. Cosa ti ha aiutato del tuo passato e cosa hai acquisito nel presente?
Da Armani respiri stile, rigore e metodo. In 7 anni con Re Giorgio abbiamo aperto piu’ di 1500 punti vendita in giro per il mondo: se non sei “grounded”, come dicono gli americani, non puoi farcela. Ovviamente stiamo parlando di un’enorme macchina dove le politiche aziendali sono parte integrante del vivere, e sopravvivere, quotidiano e anche questa è stata una scuola fondamentale, non solo nell’ambito lavorativo. I ritmi incessanti e l’asticella sempre puntata verso l’alto anche quando i budget sono limitati ti forgiano e dopo questo poco altro ti spaventa. Da Diane tutto e’ diverso: l’azienda e’ molto piu’ picoola a confronto, lei vive nella penthouse del building e ogni volta che scende la scala centrale e’ una sorpresa. Il mio asset qui e’ essere concreto e strutturato ma con mindset Italiano e quindi flessibile e abile nel trovare soluzioni alternative.Sono in grado di dare forma alle idee ma…, come sempre dico a DVF, solo se ce le possimo permettere. Quello che sicuramente ho acquisito e’ un pizzico di leggerezza e da un punto di vista progettuale tantissima morbidezza, l’uso del colore e roundness che prima no esisteva nel mio vocabolario
Un italiano a New York, cosa offre e cosa cerca?
L’italiano, quello vero, a NYC e’ considerato come un essere esotico: l’accento per prima cosa che ti chiedono di non perdere mai (non sanno che e’ impossibile liberarsene), come ci vestiamo: mi è capitato persone mi fermassero per strada e mi chiedessero se ero di Milano e solo perché so abbinare toni di blu. Essere architetto, che lavora nella moda poi, ti apre molte porte a livello di relazioni pubbliche: tutti sono interessati al tuo parere in materia di stile e ti danno molta retta. Cosa cerco? Io sono venuto a NYC perché l’ho sempre sognata guardando i film di Allen, Scorsese e Nora Epfron e la realtà qui non e’ molto diversa: sembra sempre di stare su un set perché questa città è maledettamente fotogenica anche nelle sue prospettive meno attraenti. Vivere qui per me era una sfida e dopo 2 anni sento di essere un piccolo pezzo di questa grande mela e questa cosa mi rende fiero e piu’ forte.
Negozi ma anche lifestyle. Cosa dovremmo imparare dagli americani quando si pensa a un negozio e cosa hai portato con te del tuo stile italiano?
Dagli americani impari assolutamente l’arte del marketing: sono i migliori al mondo in questo e nel mio settore ho capito l’importanza di trasferire al cliente finale un messaggio semplice e chiaro: il negozio come uno slogan. Dall’altro canto invece mi è molto mancata l’abilità dei nostri artigiani. Qui il culto dei mestieri manca storicamente e quindi è stato molto difficile all’inizio trasmettere il livello di cura e dettaglio che cercavo. Oggi, dopo più di 2 anni, con alcuni fornitori sono riuscito a stabilire un rapporto di reciproco rispetto e professionale collaborazione.
Infine, il tuo stile in una caption.
Donald Judd, Richard Serra, Charlotte Perriand, Luis Barragan, Ludwig Mies van der Rohe…ora pro nobis.
Antonio Fabbrocino
Giornalista