di Don Enzo Bugea Nobile

Il perdono non nasce da un dovere.
Nasce da un respiro,da quel momento in cui l’anima, stanca di portare peso, decide di lasciarlo cadere.
Perdonare non è dire “non importa” è dire “non voglio più essere prigioniero di ciò che mi ha ferito”.
È una libertà che brucia, ma libera, come la luce che attraversa una finestra incrinata.
A volte ci sembra impossibile,
perdonare chi ci ha fatto male è come toccare una ferita ancora aperta, eppure è proprio lì che Dio passa, non nei cuori perfetti, ma in quelli rotti.
Il perdono è il luogo dove la grazia si fa concreta, dove la fede smette di essere teoria e diventa carne viva.
C’è chi pensa che perdonare significhi dimenticare,
ma non è così, il perdono non cancella la memoria, la purifica.
Trasforma la ferita in un ricordo che non fa più male, perché è illuminato da un senso nuovo.
“Dimittite, et dimittemini” perdonate, e sarete perdonati.
È il mistero più grande del Vangelo, solo chi libera l’altro, si libera davvero,
a volte il perdono è silenzio.
Niente parole, niente abbracci solo un “sì” detto dentro, magari tra le lacrime.
Dio ascolta quel sì come una preghiera, perché sa quanto costa,e proprio quando pensi di non farcela, Lui ti solleva non con forza, ma con tenerezza.
Perdonare non è chiudere gli occhi sul male,
guardarci dentro e dire: “Non sarò come te.”
È scegliere la luce invece del buio, la pace invece della vendetta.
È un atto di fede in ciò che non si vede che la bontà, alla fine, vince davvero.
Il perdono è giustizia che profuma di misericordia.
È una Pasqua del cuore prima si muore all’odio, poi si risorge alla pace.
“Pater, dimitte illis, non enim sciunt quid faciunt” Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno.
In quella frase, Gesù non giustifica il male,lo vince,
e ci insegna che la vera forza è restare buoni, anche quando il mondo ci fa male.
Molti vivono anni interi prigionieri di un torto.
E non si accorgono che il rancore è una catena che tiene legati proprio noi.
Chi perdona, invece, spezza quella catena,
e scopre che la pace non viene da fuori, ma da dentro.
Il perdono non cambia il passato, ma cambia chi lo ricorda e questo basta per cambiare tutto.
Ogni volta che perdoni, un pezzo di cielo scende dentro di te.
E quella luce non se ne va più, perché nasce da Dio stesso.
Ubi peccatum abundavit, gratia superabundavit.
Là dove il male ha abbondato, la grazia ha traboccato e nel mistero di quel trabocco, l’uomo torna ad essere immagine di Dio: fragile, ma capace d’amore.
Il perdono è questo: una ferita che diventa luce.
E una luce che torna a brillare, anche dopo la notte più lunga.