di Letizia Bonelli
Giornalista esperta in web reputation

Non cerchiamo più la verità.
La osserviamo da lontano, come un’antica statua spezzata, e ci accontentiamo delle sue ombre. Abbiamo sostituito la ricerca con l’opinione, la profondità con la reazione, la conoscenza con il clamore.
Viviamo nel tempo in cui tutto si dice e nulla si ascolta.
La verità non è più un cammino, è un fastidio,non la vogliamo perché ci costringe a spogliarci, a riconoscere la nostra nudità morale, le nostre incoerenze; allora la lasciamo lì, dimenticata, mentre afferriamo con avidità la prima emozione che passa, purché ci distragga dal pensare,ma qualcosa, dentro, continua a mancare.
È l’umanità che abbiamo perso, silenziosamente, nel rumore del mondo.
Non è scomparsa di colpo, si è dissolta un giorno alla volta, con ogni gesto frettoloso, ogni parola urlata, ogni indifferenza travestita da prudenza.
Abbiamo dimenticato che l’uomo non vive di verità possedute, ma di verità cercate.
Che l’essere umano si definisce non per ciò che afferma, ma per ciò che ama,
e amare significa riconoscere nell’altro un frammento di sé, anche quando non ci somiglia, anche quando ci ferisce.
La verità senza umanità diventa pietra.
L’umanità senza verità si dissolve in fango,
solo insieme possono generare luce.
Ritrovare l’umanità è un atto rivoluzionario,
vuol dire tornare a sentire, anche quando fa male. Vuol dire restare nel dubbio, invece di rifugiarsi nell’arroganza. Vuol dire saper tacere, se il silenzio rispetta più della parola.
Non basteranno leggi, né tecnologie, né slogan.
L’unica cura è il ritorno alla coscienza.
Un passo indietro rispetto al caos, un passo avanti verso la tenerezza.
Perché non ci salverà ciò che sappiamo, ma ciò che siamo disposti a comprendere.
E comprendere nel senso più vero, latino, cum-prehendere significa abbracciare insieme.
Forse non ritroveremo mai tutta la verità, ma possiamo ancora ritrovare l’umano che la cerca.
E questo, oggi, è già una forma di resurrezione.