Prof. Pasquale Lettieri
Critico d’arte
Docente universitario

Con la scomparsa di Arnaldo Pomodoro, il mondo dell’arte perde una delle sue voci più autorevoli, lucide e visionarie.

Tra le sue opere più amate spiccano le celebri sfere in bronzo, che, scomponendosi, si “rompono” e si aprono davanti allo spettatore, invitandolo alla ricerca e alla scoperta del meccanismo interno. È un contrasto affascinante tra la levigatezza perfetta della forma esterna e la complessità nascosta dell’interno.


Un erede della grande scultura italiana

Arnaldo Pomodoro è stato uno dei più prestigiosi rappresentanti di una grande stagione della scultura italiana del Novecento.
Un’epoca rigogliosa che ha visto:

  • Nel figurativo: Giacomo Manzù, Arturo Martini, Emilio Greco

  • Nell’astratto: Pietro Cascella, Leoncillo, Francesco Somaini, Pietro Consagra

  • Fuori da ogni definizione: Nunzio, Igor Mitoraj, Perez, Giuliano Vangi, Jannis Kounellis

In Pomodoro, tradizione e innovazione si fondono, ampliando l’orizzonte linguistico della scultura. Dopo l’esaurirsi del monumentalismo, la sua arte ha inaugurato una stagione di architetturalità, capace di rispondere alle aspettative di una modernità avanzata e di una post-modernità sempre più invadente.

La sua scultura non è decorativa né da tavolo: è un’arte che vive tra noi, dialoga con l’architettura, con l’urbanistica, con il tessuto vivo delle città.


La scultura come evento plastico e interazione

Pomodoro ha sempre concepito la scultura – o meglio, l’evento plastico – come interattivo, in una dialettica costante con lo spazio e con chi lo abita.
Questa scambievolezza gli ha permesso una grande adattabilità, in sincronia con i nuovi linguaggi della città, intesa come organismo dinamico e vivente, nella sua storicità e nella sua attualità.

In questo senso, la scultura di Pomodoro è profondamente italiana, nel senso più alto: una continuità discontinua con la tradizione, che risale alla Roma imperiale, alla Firenze rinascimentale, alla Milano utopistica.

È un’arte che suona come uno sprone, un augurio, per svegliare le menti intorpidite dai luoghi comuni e dai pregiudizi. Come quelle che, purtroppo, impedirono di installare le sue sontuose porte nel Duomo di Cefalù: un’occasione mancata per realizzare una vera contemporaneità, intesa non come semplice sincronia con la modernità, ma come elettività mentale e spirituale.


Scolpire il mistero del tempo

Arnaldo Pomodoro non scolpisce solo la materia: scolpisce il mistero stesso del tempo.

Le sue sfere spaccate non sono semplici oggetti. Sono:

  • Ferite aperte sul silenzio dell’universo

  • Geometrie che gridano

  • Meccanismi inceppati del cosmo che rivelano l’invisibile

Lo scultore svela le segretezze della materia, trasformando il sottosuolo del non visibile in qualcosa di visibile, ricco di nuove sfumature e qualità materiche.

È una dimostrazione di giovinezza creativa, che non si arrende al passare del tempo né allo scorrere degli anni. Si incarica, invece, di elaborare nuovi segni e nuovi bisogni, affermando con forza che:

In arte non c’è progresso, ma trasformazione.
Non c’è l’ineluttabile, ma il tempo ondeggiante della fantasia e della poesia.