“Le viscere della libertà” – di Domenico ROMEO – Arduino Sacco Editore

I fatti guidano colui che vuole, trascinano colui che non vuole  – in questa espressione di Seneca  si può leggere l’opera di Domenico Romeo:  Le viscere della Libertà,   che alcuni leggono erroneamente come thriller, altri  come romanzo giallo. Io credo, anzi sono convinto, che questo romanzo rientra nella letteratura del tardo Novecento, per la sua eccezione narrativa,  per l’analisi spazio-temporale  kokoschkiana, rilegata all’Hoffnung (speranza), a quella circoscritta da Einzenberger  di richiamo “rivoluzionario”, alla letteratura inglese di frontiera meglio definita the age of extremes.

In questa dimensione l’opera si inquadra nel pensiero crociano, in cui la libertà è l’eterna formatrice della storia, ideale morale dell’umanità … che nasce dalle viscere che gli uomini devono sentire fremere.  

Ed ecco, quindi, che  Le viscere della Libertà, è  un esplosivo   colore ideologico, in cui strutture e sovrastrutture, governative e politiche, divengono il filo conduttore di una trama rintracciabile, per alcuni versi nel medioevo con le Crociate, a seguire nel sentire illuministico, poi in quello romantico di Lord George Gordon Byron,  ed infine in quello storico-ideologico. Insomma un unicum nel complesso panorama della letteratura contemporanea. La trama è semplice. A Palermo il direttore della sede di Sevizi Segreti riceve in codice una minaccia per la figlia Gioale che vive a Roma. A proteggere la ragazza, tra gli altri,  invia, nella capitale degli intrighi mondiali, Ghion, uomo dalle grandi doti investigative. Tra i due nasce subito una intesa. La passione è messa sempre al margine del loro spazio-ombra. Ghion finalmente viene a sapere che Gioale  è convertita all’islamismo ed è una kamikaze. IL RESTO DELLA STORIA LO DOVETE SCOPRIRE LEGGENDO DIRETTAMENTE IL ROMANZO DI DOMENICO ROMEO.  Di certo, anche ad una prima lettura, non passa inosservato, nel desiderio di puntualizzare una democrazia liberale non ancora compiuta.

Il Romanzo

 

I protagonisti centrali I luoghi del romanzo Impianto narrativo  quadro storico del romanzo
Gioele = dall’ebraico Yael che  significa “Yahweh è Dio”.
Gioele è uno dei 12 profeti dell’Antico Testamento.

 

Ghion =  nome ebraico di origine eruopea, dalla città francese Ghinon, CHINON. Il nome è già presente nel 1518 nella Roma ebraica. Nel testo

Il riferimento è al fiume che

Scorre intorno all’Etiopia, le

Acque che bagnavano l’Eden.

Palermo = usato come metafora dell’Islamismo e del Cristianesimo.

 

Roma = usata come metafora dell’intrigo internazionale.

 

La Palestina = vista come le viscere del luogo da dove tutto ha origine

Struttura

 

Il dialogo ostico tra Oriente ed Occidente;

La guerra fredda;

la guerra di religione;

integralismo e antisionismo;

l’antifada (la rivolta).

 

Sovrastruttura

 

Aspetti socio comportamentali tra culture (oriente/occidente – Islamismo/Cristianesimo)

L’idea di libertà

Sionismo miccia per future deflagrazioni.

Messaggio in codice per uccidere la figlio del capo dei servizisegreti.

intreccio amoroso

 

 

Dopo l’Olocausto gli ebrei poterono finalmente tornare nella loro terra d’origine. Quando tornarono in Palestina però, si accorsero che quella che una volta era stata la loro patria ora era occupata da popoli arabi detti palestinesi. Questi ultimi non volevano spartire la loro terra con nessuno, tanto meno con una popolazione di lingua e religione diversa. Da allora nacque la cosiddetta questione palestinese perché – dopo diversi conflitti – rimase senza una sua patria e senza un suo stato il popolo palestinese. Invece gli ebrei costituirono e ingrandirono una loro nazione: Israele. Vediamo le tappe di questa lunga e complicata storia.

 

L’autore, in chiave filosofica,  inserisce, nei segmenti narrativi, la persecuzione ebraica, velata da situazioni storiche e scientifiche; più che per raccontare l’olocausto, nell’opera lo Zyklon-B è presentato come ricerca scientifica. A sostenere una certa narrazione entra in gioco il pensiero di Voltaire, l’antisemita per eccellenza.  I toni linguistico-comunicativi si alzano e si abbassano, certe volte contemporaneamente, a seconda della circostanza degli eventi: ad esempio quando Ghion entra nella casa di Gioela e lei, da artista (pittrice), spiega perché alla parete ci sono certe immagini come  il quadro denominato “le dieci intelligenze”, che poi sono la stessa persona – riferisce Gioela – ovvero il pensatore islamico Ibn Sina.Qui Ghion vive la sindrome di Stendhal, caduto nella tensione che trasmette l’opera artistica. È una sorta di male de vivre  le culture che si osservano e puntualmente si scontrano.

Proviamo, seppure velocemente, quasi un colpo d’occhio, ad entrare più da vicino nel testo.

La”forma corporeitatis”, ossia la pragmatizzazione, l’estrapolazione della materia del male ancora grezza e indeterminata … l’islam è una religione di pace … io sono stata in Palestina. Questa è una pagina rivoluzionaria di pensiero ed azione. Una pagina catartica per la sua intensità filosofica e religiosaUn sentire che si rafforza quando Gioela, a p. 29, continua dicendo: Lei non si deve impressionare se le dico che le viscere dell’ebraismo, della cultura ebraica, essendo raminghe, profughe e malvagie, sanguisughe verso altri Stati, generano avversione naturale  convalidando pertanto una tesi di una possibile derivazione del male.   Allora viene spontaneo pensare perché lo STUPOR MUNDI, Federico II, volle la loro presenza nel meridione d’Italia ed in particolare in Calabria e Sicilia quale nuovo motore economico e culturale. Tra l’altro, non si dimentichi che in epoca federiciana e ancora poi, solo Reggio Calabria era patentata a dare l’abilitazione alla professione medica e chirurgica. E’ chiaro che nel racconto si vive una proiezione psicologica percepibile  in seguito quando Gioela affermerà: L’importante per taluni islamici … è il non macchiarsi a fare sesso con qualcuno della razza di Israele. Per molti, di noi fare un figlio a metà, con sangue arabo e sangue ebreo, è una maledizione da estirpare … (p.80) Nel leggere questo passaggio, viene in mente il “pogrom” nazista contro il matrimonio misto ebreo/tedesco, per la tutela  della razza ariana.  In tale direzione nel racconto è inserito il  rapporto Leutcher. Se poi si leggono le pagine dell’ordine di Sion, siamo nel pieno pericolo ideologico di cui parlava Giovanni Paolo II.  Hegel, Kant, Fichte  sono plasmati in una sorta di ragionamento per convincere sull’idea dell’uomo, del suo essere, del suo agire, delle sue idee, spesso travolte dalla forza e dal fascino di un sentire “altro”che a poco alla volta si percepisce come il proprio. Il senso “viscerale”  fortemente richiamato nel romanzo di Romeo, rivive nella sua ripetizione ossessiva, da un lato l’antico e mitologico sentire. In passato si uccidevano gli animali per leggerne nelle viscere il destino dell’uomo. Oggi avere stomaco significa “avere coraggio”, sentire nel profondo significa percepire l’essenza dell’”io” e, allora si capisce meglio quanto sta sotto le righe in termini di ideologia del crimine, richiamo alla coscienza civile e morale  e, tutto nella direzione della ricerca di essere un popolo libero, non condizionato e tantomeno assoggettato a regole che non sono quelle della democrazia, della giustizia  e della libertà. Ora, se l’essere umano merita rispetto quale imperativo kantiano,  allora diviene necessario rivalutare culturalmente quanto il nostro agire si richiama ad una certa consapevolezza di fare del male o del bene.  A pagina 225, l’intensità narrativa si innalza fino alla fine, quando il messaggio di chiusura celebra l’amore per la libertà quanto la libertà per l’amore. E, tutto questo, va letto il significato del martirio come quello di Neda Soldan, la ragazza iraniana a cui è dedicato il libro di Romeo, la quale forte dei suoi convincimenti grida al mondo che: Ottenere la libertà e la democrazia è un dovere di tutti. Se mi sparano al cuore o mi arrestano non è importante perché siamo tutti responsabili per il nostro futuro.E con queste parole si consegna al cielo. Neda, quindi come Luigi VIII, le cui viscere furono inviate agli ottantatré dipartimenti francesi per concimare gli ottantatré alberi della libertà a cui l’umanità deve guardare … sempre!

 

Prof. Cinquegrana
Antropologo