L’antica Sumponyàh al cui suono combattevano gli Arcadi

 

…. E per l’arme foreste

E i solitari alberghi dei pastori

S’udian della zampogna i dolci pianti.

Lucretio, De Rerum Naturae, vv 1383-1386

Nella patria di Abramo la città di Ur, quando e da chi fu aggiunto il sacco ancora sfugge alla ricerca. In Daniele – scritto 500 anni prima della nascita di Gesù – viene menzionata la zampogna con il termine aramaico sumponyàh. Questo strumento a canne con otre di pecora, ha segnato la storia dei tempi: gli Arcadi combattevano al suono della zampogna a sette canne mentre i cretesi al suono della lira, il dio Apollo reggeva nella mano sinistra le tre Grazie ognuna di esse di esse con in mano la lira, il flauto e la zampogna. Strumento quest’ultimo usato nell’antica Grecia prima delle feste quanto alla fine delle stesse i cosiddetti comos (pasti frugali). Omero, nell’Iliade, ne parla nel X e nel XVII canto in cui si racconta di un momento di relax al suono della zampogna e nel secondo della sua immagine sullo scudo di Achille. Sono molti gli studiosi antichi e moderni che danno la sua origine alla creazione del dio Pan e all’inizio usata nelle feste Lupercali, in onore alla divinità Luperca protettrice dei pastori e delle greggi dai lupi, i romani identificarono questa divinità con il dio Fauno. Queste feste si celebravano il 15 febbraio nella grotta detta Lupercale dove la lupa aveva allattato Romolo e Remo. Erano anche le feste della “fecondità”. Seppure si vuole che la zampogna sia derivata dal flauto e attribuita alla dea Minerva, in realtà la maggior parte degli studiosi non è d’accordo con tale ricostruzione storico antropologica. Questo strumento a fiato che giunge in Calabria attraverso il Mediterraneo dove a sua volta si caratterizza come strumento tipico per la sua struttura, le tonalità e le costumanze e come la stessa lira assume la sua dimensione di zampogna a chiave calabrese, suonata in coppia con la ciaramella. Uno strumento, che racconta il mito e la magia, il mistero e le comportamentalità che viene riassunta : nel suo canneggio in legno raccordato entro un ceppo (tronco conico e da una otre in pelle di pecora o di capra) “utricularis” a cui si applica un cannello per l’insufflazione con il bordone per il suo no fisso e tasti digitali per il suono vario. Struttura quasi orchestrale che in passato accompagnava processionalmente le feste sacre.


Prof G. Cinquegrana
Antropologo