Fino alla fine di ottobre le brillanti e monumentali sculture di Tony Cragg prendono vita nel Giardino dei Boboli di Firenze. Tra la ghiaia e le siepi del verde spazio toscano spuntano le stalagmiti di bronzo dell’artista britannico che tendono armoniosamente a toccare il cielo con forme ellittiche e intrecci colossali.
La scultura è la grande dimenticata del dibattito sull’arte a noi contemporanea, infatti si parla poco e in maniera svogliata, anche perché ha pagato il maggior prezzo all’eresia delle avanguardie storiche e al concettualismo degli anni Sessanta e Settanta che l’hanno confinata nel greto asciutto dell’artigianato,con poca propensione ad accoglierla nel mutante mondo della virtualità e della dialettica tra luci e ombre, tanto che negli ultimitempi la sua stessa nomenclatura è cambiata, dismettendo il nome originario di scultura, che connota una certa oggettualità definita, irreversibile, in pietra, bronzo, marmo, acciaio, terracotta, legno, per assumere quello di installazione, che connota una oggettualità incerta, indefinita, reversibile che può avere elementi di pietra, bronzo, marmo, acciaio, terracotta, legno, ma aggiungervi altri precari elementi plastici, cartacei, non in gradodi resistere nel tempo e non compatibili con agenti atmosferici esterni. Nelle opere di Tony Cragg, oltre a questa fondamentale lezione teorica sulla scultura, alla sua complementarietà architettonica, in grado di recitarne un ruolo rafforzativo e simbolico, la scultura s’è affiancata all’installazione, più collaterale alla scenografia, alla teatralità di unaarchitettura cangiante e temporanea. Per Cragg la via dell’installazione è quelladi una specularità dialettica all’interior design, alla sua limpidezza di materiali compositivi e al suorigore costruttivo, con una composizione di materiali volutamente poveri e spesso manovrati da una artisticità dadaista e beffarda.
Tra i più significativi artisti viventi al mondo, lavora su assonanze e dissonanze, su pieni e su vuoti, su continuità formali e brusche segmentazioni, in modo da scongiurare la monotonia, checostituisce il rischio maggiore nella traiettoria espressiva di un artista. Un esercizio di stile unico, perché ogni opera è un unicum, per quanto parte di una tematica, in ognuna di esse si condensa la duplice attrazione dell’artista per la materia e per la sua cancellazione.
Quella di Tony Cragg è, piuttosto, una strutturazione del sapere per forme ed oggetti, in un senso simbolico, ancora in grado di analizzare e fondere gli elementi di una complessità che non lo rendono sgomento e pauroso, ma piuttosto affinano la sua qualità artistica, che non cessa di attrarre il collezionismo, che non può fare a meno della sua presenza.
Pasquale Lettieri
Critico d’arte