Energica, solare e carismatica, Monica Damonte è una delle interior designer più inseguite da chi vuole avere una casa unica di charme e particolare. Perché lei, la bella arredatrice ligure di Alassio, titolare dello showroom Odulia, è una vera e propria psicologa dell’ambiente, una stilista d’interni che ti costruisce la casa intrepretando i tuoi gusti dopo aver fatto una ricerca sugli spazi, sui materiali degli arredi quasi maniacale perché è una perfezionista. La sua carriera caratterizzata da una forte passione per lo stile l’ha portata negli anni a diventare un nome importante tra gli arredatori e designer a livello mondiale. Ne è la prova, un antico mulino diventato poi la sua dimora personale, che lei ha saputo far rivivere arricchendolo con gusto e servendosi di materiale autentico del 600. Questa magione posta nell’entroterra albenganese ha ospitato personaggi famosi del jet set internazionale, curata nei particolari e funzionale, è stata oggetto di tanti servizi su riviste specializzate come AD, è il suo buen retiro dove l’imprenditrice si concentra in nuove avventure professionali perché, ci ha confessato in esclusiva per One, una volta terminato un lavoro non vede l’ora di ripartire a ricreare una nuova ambientazione.
Come si diventa una interior designer ai suoi livelli, un’eccellenza tutta italiana che ha, con il suo gusto, condizionato le più interessanti case del pianeta?
Credo che la mia fortuna sia nata dal fatto che io riesco da un difetto a trovare una forma, ecco questa è una mia particolarità.
Come ha iniziato ad interessarsi di interni, di ricerca dello stile?
Amavo andare in giro con una mia cara amica antiquaria, Jacqueline Morabito, ed osservare ed acquisire nuove sensazioni e poi seguii dei corsi a Parigi, ma senza la passione che condiziona la mia voglia di esprimermi non sarei mai arrivata a tanto.
Quale è il suo stile?
Seguo le ispirazioni dei proprietari di uno spazio, per me le abitazioni sono quasi come una scatola dove entro e divento una psicologa, cerco di seguire al meglio le aspirazioni di chi poi dovrà vivere quegli ambienti. Mi sento più proiettata verso lo stile classico, verso lo stile francese destrutturatato.
Lei ha arredato le case del regista Francis Ford Coppola, di alcuni emiri arabi, di personaggi del jet set, che ricordi ha di questi incontri. È difficile avere a che fare con vip di questo livello?
Ho ricordi bellissimi ed emozionanti di alcuni miei clienti suggestivi che mi hanno aiutata a crescere. Ricordo con piacere l’incontro con il grande regista americano, stavo lavorando presso l’Ambasciata del Belize a Roma, quando Francis Ford Coppola, amico dell’Ambasciatore Nunzio Pupi D’Angeri, mi vide all’opera e mi chiese di andare con lui a Bernalda, un piccolo centro in Provincia di Matera (paese d’origine del regista) dove aveva intenzione di ristrutturare un albergo. Vi andai e stare con il maestro quei giorni fu meraviglioso. Un altro incontro indelebile nella mia mente fu quello con Oscar De la Renta. Ero a Santo Domingo, a Punta Cana, per lavoro e mentre montavo una parete di azulejos con l’aiuto di alcuni lavoranti haitiani comparve improvvisamente un uomo elegantissimo e affascinante e, vedendomi all’opera, mi invitò ad andare a vedere casa sua. Avrei voluto nascondermi, ero impresentabile, ma lui fu molto carino con me …
Non le chiederò quale è stata la casa più chic o più glamour che ha arredato, ma invece vorrei sapere se negli anni sono cambiati i gusti delle persone anche grazie all’avvento della tecnologia. Ad esempio oggi come si prepara la tavola?
Credo alla base di tutto a tavola siano necessari per non sbagliare un mix di affetto, calore e premura verso l’ospite. Oggi si tenta di destrutturare quel formalismo che un tempo rendeva più rigida un serata tra amici. Gli abbinamenti, una volta dettati da regole, vengono sconvolti dalla semplicità della tavola, guarnita di elementi ricchi che completano e danno calore ed eleganza. I piatti poi devono raccontare le nostre origini, quelle della cucina italiana, fatta di sapori forti e delicati al tempo stesso, ma di tradizione.
Lei ha maturato la sua esperienza nel costruire allestimenti scenografici presso ambasciate ed alberghi famosi in tutto il mondo ma ci può consigliare delle stoviglie che lei sta proponendo ai suoi clienti sparsi per il pianeta?
Sono infinite passo da Astier de Villatte a Pascale Naessens a Jonnie Boer, ma la mia ricerca è continua e possiedo un archivio vastissimo.
Lei vive in un antico mulino del ‘600 che considera il suo buen ritiro, perché se ne è innamorata così tanto da volerlo ricostruire?
Per la grande sensazione di pace che ti trasmette il piccolo fiume che lo circonda, è bellissimo addormentarsi con lo scroscio dell’acqua. Dopo un anno di lavori dove ho seguito personalmente la ricerca dei materiali, dal recupero di un antico pavimento in un convento di Avignone ad una vecchia mangiatoia che funge da vasca da bagno, sono riuscita a riportarlo agli antichi splendori nella sua estrema sobrietà. La volontà di questa casa era quella di creare in uno spazio di 500 metri la soluzione che tutti stessero con tutti, il concetto della vicinanza è stato il motivo di recupero basilare.
Solitamente lei segue nelle sue ambientazioni delle linee di colore molto soft. Quali sono i suoi prediletti?
Il grigio, perché adoro gli ambienti caratterizzati dalla luce soft, ed il salvia. Sono piena di amori e disamori, devo sempre capire che cosa vuole il cliente per decidere.
Quali sono i suoi progetti futuri?
A breve partirò per l’Oman per l’ambientazione di un albergo e poi vorrei aprire un nuovo spazio espositivo a Saint Tropez. Inoltre ho ricevuto una proposta molto interessante scrivere un libro con la mia cara amica americana Annette Joseph, nota giornalista e conduttrice, per scrivere a quattro mani un libro sui nostri viaggi di ricerca dello stile, delle antiche botteghe, e delle tradizioni gastronomiche.