Mattone dopo Mattone, l’Italia si desta.

 

L’italia che costruisce e cresce. Perché il terzo settore si sta riprendendo e quali sono gli ingredienti per far ripartire il sistema. One ha intervistato Cesare Lanati nel suo studio di Assago.

Sono le dieci di un lunedì mattina grigio e Cesare Lanati è già al lavoro da un pezzo. Il piglio sicuro, l’abito sartorialmente cucito su di lui, ci accoglie con un sorriso e una puntualità svizzera e ci accompagna nel quartier generale della Bell Holding per parlare a 360 gradi di stile italiano, progetti di sviluppo nel settore immobiliare e una formula per far ripartire il Paese di cui è e sarà sempre orgoglioso.

Costruire, nelle varie sfumature del termine significa molto di più che mettere un mattone sopra l’altro. Qual è il significato che attribuisce a questa parola?

Un significato che dei contenuti strutturali, senza dubbio, ma anche contenuti finalizzati a realizzare nuove iniziative, creare posti di lavoro occupazione e, nel caso nostro a dare vita a qualcosa che pur essendo già presente nel mercato, non aveva più un’identità, una funzione, che è quello che in questo momento il mercato immobiliare ha più bisogno che venga fatto. Istintivamente, però, costruire, per me comunica “partire da zero”.

Cosa intende per dare vita a qualcosa che non ha più un’identità? Come si traduce nel suo lavoro?

Costruire progetti su realtà esistenti vuol dire investire e pensare su qualcosa che era già edificato, significa non sottrarre verde e spazio di cui siamo abbiamo meno disponibilità. Vuol dire ridare vita a delle zone della città che diversamente vivrebbero uno stato di totale abbandono con tutte le componenti che questo abbandono porta e che in tanti casi che significa degrado delinquenza. Pensiamo a certi centri direzionali, a certe realtà nate con uno scopo e che assolto il proprio fine poi non ispirano più una seconda vita. La nostra creatività spesso si concentra su questi progetti: diamo valore a qualcosa che probabilmente non rappresentavano più, con tutta una serie di elementi conseguenti che sono di estrema attualità: occupazione, progetto e utilizzo del progetto stesso. Utilizzo, nella maggior parte dei casi, che si traduce in attività industriale.
Quando decide di buttarsi in un progetto quali sono le domande che si pone?

Mi chiedo quale si la finalità che immagino possa essere rappresentata da quello che vedo rispetto a quello che trovo. Se il mercato rispetto a ciò che immagino io potrà avere interesse a recepirlo, e quanto a pelle mi stimola rispetto alle idee che normalmente ho. Una componente di istinto e cuore gioca sempre il suo ruolo.

In che percentuale l’istinto o la creatività incidono nelle sue scelte rispetto alla razionalità?

La partenza di qualunque progetto ha sicuramente una componente emozionale e di istinto che sicuramente è la partenza di qualunque iniziativa io abbia intrapreso: è chiaro che nel mondo del business non si può prescindere da quella componente razionale e numerica che possa dare concretezza al progetto stesso. Tutto è bellissimo, stupendo per chi ha fantasia e stimolo dal lavoro stesso, ma se la componente di valorizzazione non rappresenta valori che diano sostenibilità al progetto stesso, è normale che alla fine prevalga la componente razionale. La sfida è sempre quella di portare la componente emozionale, facendo anche valutazioni diverse, a far sì che coincida con la parte razionale e che queste insieme convincano anche altri oltre me.
Tra le figure che stima  e che hanno influenzato la sua formazione, a chi pensa quando porti a segno un affare?

Sicuramente, quando lavoro chiudo un’operazione è mio padre, senza ombra di dubbio.

Quanto conta lo stile nel suo lavoro?

Molto. Nel senso che il mercato è diventato sempre più esigente in qualunque settore si operi, anche in quelli che sembrano più lontani dall’esigenza di avere uno stile per la sua realizzazione. Il cliente finale si abitua sempre meglio, l’aspettativa si alza sempre di più: curare l’immagine di un prodotto che si sta trattando nel dettaglio è sicuramente importante.

Lo stile italiano si distingue anche per la capacità di dare una formula piacevole per l’occhio a tutto ciò che ha una funzione, un’utilità. Ha una cifra stilistica che fa riconoscere un suo progetto alla quale non rinuncerebbe mai?

Lavoriamo su oggetti eterogenei: dal centro commerciale ai centri direzionali, risulta spesso difficile un trait d’union fatto solo di stile, sicuramente c’è un certo modo di fare di curare che ci contraddistingue nel modo di lavorare e che mantiene la coerenza e la connotazione che l’oggetto ha.
La ripresa di cui parlano i politici è reale o virtuale secondo lei?

Nel nostro mercato si incomincia a percepire, magari timidamente ma sicuramente è cominciata una fase di mercato che sta creando stimolo a investitori stranieri a venire sul territorio italiano. Questo è l’elemento più significativo. Lo straniero non è obbligato a venire, se lo sta facendo quando ha un mondo intero significa che da qui a non molto riprenderà equilibri che fino ad oggi non ha avuto modo da riprendere.
In un momento particolare come questo, se dovesse dare la sua formula per far ripartire la macchina Italia, quale sarebbe?
Sicuramente posso sembrare banale nel nostro settore la burocrazia è devastante, rispetto a qualunque paese straniero è un grande handicap, dei reali piani di incentivazione legati a sgravi fiscali per chi fa e dimostra in modo concreto di investire nel mercato italiano; stimolare l’inversione di tendenza, penalizzato nostro settore dal punto di vista fiscale, in uno dei mercati rappresentano la spina dorsale. In America il terzo indicatore dell’andamento economico è legato al settore immobiliare, e questo sicuramente rappresenterebbe uno stimolo importante. Noi rappresentiamo per ogni singolo progetto un indotto spaventosamente grande, in cui ogni iniziativa non è mai fine a se stessa ma anzi si amplifica su ogni settore del paese (idraluci, elettricisti, imbianchini etc)
Infine, con i pregi e i difetti che questo comporta, è orgoglioso di essere italiano? E se sì, cosa la rende orgoglioso?

Sono orgoglioso di far parte di un Paese che nonostante non sia mai riuscito ad avere una stabilità di governo e un apparato burocratico che ha aiutato i cittadini e la libera impresa, siamo riusciti ad essere leader in tantissimi settori, dalla moda all’industria alimentare… Tanti uomini che senza ben che minimo supporto sono riusciti a diventare leader o imprese di successo nel mondo: mi fa piacere essere parte di un gruppo così.

Classe 1967, Cesare Lanati, è presidente di Bell Holding, impresa che si occupa di realizzare immobili nel settore industriale direzionale e commerciale.