Legge codice rosso contro la violenza di genere e domestica

É di questi giorni la notizia che il “codice rosso” è legge, un primo grande passo sembra essere stato compiuto, quantomeno è stata dedicata attenzione al dolente tema della violenza di genere e della violenza domestica.

La legge “codice rosso” prevede, anzitutto, una corsia preferenziale per lo svolgimento delle indagini, ma soprattutto prevede un inasprimento delle pene per reati commessi in contesti familiari o nell’ambito di rapporti di convivenza. Le pene sono quindi più severe ed aspre, soprattutto se la violenza è perpetrata tra le mura domestiche.
Questo ci riporta con la mente e con il cuore proprio al pericolo che alcuni, donne e bambini in particolare, corrono nei luoghi a loro familiari, luoghi che dovrebbero essere un rifugio, un riparo protettivo dagli eventuali rischi del mondo esterno.
É importante, di tanto in tanto, fermarsi e soffermarsi sul dolore e sulle difficoltà che, quotidianamente, tante persone fragili si ritrovano a subire. Sono vittime di violenza in casa propria, e soffrono senza trovare la forza e le risorse per sfuggire ai propri personali aguzzini, soffrono fisicamente e psicologicamente le pene dell’inferno, e lo fanno in silenzio con il sogno nascosto di voler vivere, prima o poi, la propria vita in libertà.
È un sogno che coltivano in angolini celati di se stessi, come fosse un sogno proibito, come fosse qualcosa che non meritano, come se vivere, dando un valore alla propria esistenza, non fosse più un diritto inviolabile di ciascuno, e dunque anche di se stessi.
Sono vite oscurate, sciagurate, annientate dalla minaccia della violenza, minaccia che insegue e perseguita come un’ombra presente con forza e determinazione.
Quella stessa forza e determinazione che le vittime sembrano non avere più, sembra quasi che non ricordino più la forza che hanno dentro, sembra abbiano dimenticato di essere dotate di innumerevoli possibilità esistenziali e di poter attingere a numerose risorse interne, risorse che permetterebbero loro di percorrere quelle stesse infinite possibilità esistenziali, raggiungendo in questo modo quel sogno nascosto di libertà.
Le leggi emanate hanno lo scopo di far emergere ciò che viene sapientemente sommerso, sono fondamentali per non tacere dinanzi a violenze che fanno male nel corpo, e non solo, perché la violenza può assumere forme diverse e, quando i segni sembrano invisibili ad occhio nudo, non significa che non ci siano; potrebbero di fatto essere più profondi e subdoli, potrebbero nascere dalla violenza psicologica che mortifica, squalifica, umilia, cancella il sorriso e la vitalità. Sono le ferite dell’anima che colpiscono nel proprio essere, annientando il valore di se stessi.
Sono le forme più pericolose di violenza, quelle meno tangibili, pertanto, più difficili da dimostrare, che spesso acuiscono le fragilità di chi prova a scappare per riprendere in mano la propria vita.

E dopo diversi tentavi di fuga falliti, le vittime di violenza appaiono ancora più delicate e vulnerabili. Sono senza pelle, non hanno più difese per salvarsi, si arrendono perché credono di non avere potenzialità per sconfiggere i propri torturatori; sono, spesso, umiliate e mortificate proprio nell’atto del denunciare, momento in cui pertanto rimangono vittime di una violenza ulteriore, quella che sminuisce e non dà importanza, quella che sottovaluta e nasconde, è la violenza di chi, con leggerezza e superficialità, si schiera dalla parte, di chi con la violenza trionfa. È ancora paura. É ancora dolore, un dolore inenarrabile poiché raccontarlo significherebbe non essere autenticamente ascoltati e sostenuti, significherebbe non trovare una mano salvatrice tesa.
Le vittime di violenza domestica, il più delle volte, sono anche vittime del contesto che giudica e ignorantemente sentenzia.
É come se la vita di queste persone fosse una pellicola cinematografica e il pubblico è lì che comodamente incolpa le vittime, sminuendo tutto ciò che accade e liquidando il tutto nella semplicità più becera che si traduce in un concetto vuoto e semplicistico: “Chi rimane accetta le condizioni, chi non scappa è soltanto un lamentatore e, in fondo, non c’è nulla di cui lamentarsi”.
È ancora violenza che aggrava la situazione, e le leggi dinanzi alla gravità di taluni scenari non bastano e non possono bastare.
La violenza non scompare con la bacchetta magica dall’oggi al domani, non si può pensare di risolvere sic et simpliciter con l’approvazione di una legge.
La violenza è un fenomeno complesso che non si scalfisce affatto con parole scritte e con pene più dure da applicare. Non vorrei certamente essere fraintesa, credo difatti nel potere e nella forza delle leggi, hanno un’importanza vitale ma non esaustiva.
Sconfiggere la violenza per sostenere le vittime è un lavoro certosino che parte da lontano, parte dall’educare ciascuno durante il percorso di crescita e di maturazione.
I fatti di cronaca dovrebbero richiamare la nostra attenzione, un’attenzione però più ampia e strutturata, riportandoci a fare domande più profonde. Educare fin da piccoli equivale ad essere presenti nelle scuole per lavorare sul concetto di consapevolezza come pilastro portante su cui costruire una struttura solida mediante la familiarizzazione e la regolazione delle emozioni, l’empatia verso se stessi e verso l’Altro, insegnando a rapportarsi con l’Altro nella sua unicità ed irripetibilità senza prevaricazioni basate su verità assolute rivelate.

É questa la modalità più significativa per accompagnare ciascuno, con presenza e delicatezza, nel proprio percorso di vita che, talvolta, può essere tortuoso e impervio.
La cultura della non violenza merita una sensibilizzazione di grande portata affinché non arrivi per riparare danni già evidenti quanto piuttosto per far emergere i sogni nascosti di ognuno e farli diventare realtà.
Una cultura che non basa il suo senso e il suo significato su interventi riparativi è una cultura che guarda oltre e che si prende cura preventivamente di tutte le vittime di violenza, sia dei torturatori che dei torturati, prima ancora che lo diventino; la necessità di applicare leggi, e soltanto quelle, rappresenta un fallimento rimarchevole per tutti.
Vale la pena guardare al di là del proprio naso, avviare interventi di accompagnamento e di sostegno alla crescita, prendendo in considerazione tutte le parti che intervengono nel sistema di maturazione di ognuno, senza trascurare che tanto si può fare per sensibilizzare ed avviare un processo di cambiamento autentico, in piccoli passi fino ad arrivare ad una meta ragguardevole: aiutare tutti a dare un valore alla propria vita.

Dott.ssa Rosetta Cappelluccio
Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale
Docente e supervisore Istituto A.T Beck Roma e Caserta
Conduttrice gruppi DBT adulti e adolescenti
Consulente tecnico d’ufficio per trauma neglect e abuso
Responsabile ambulatorio psicopatologia ospedale Buonconsiglio
Fatebenefratelli Napoli