La Pedofilia non è amore

Ci preoccupiamo di ciò che un bambino diventerà domani, ma ci dimentichiamo che lui è qualcuno oggi. (Stacia Täuscher)

Una riflessione in occasione della Giornata Nazionale contro la pedofilia

In Italia colpiscono ogni anno 21 mila pedofili: un caso ogni 400 minori, un caso ogni quattro scuole, un caso ogni 500 famiglie. Eccole le stime annue di abuso sessuale nei confronti di minori elaborate dal censis. In rete, accanto alla “tradizionale” pornografia se ne associa un’altra, una che prende bambini come merce di scambio, che spinge alla ricerca di foto e di video di bambini, che passa dalla fiaba di Babbo Natale e finisce in un valzer con l’uomo nero. È una realtà innegabile e viene comunemente definita pedo-pornografia. L’anonimato che la rete è in grado di fornire, può favorire soggetti con pedofilia che, spacciandosi per coetanei dei “piccoli”, possono ottenere foto, raccogliere informazioni e, a volte, organizzare incontri con le potenziali vittime.

Dall’Italia, arrivano dati allarmanti: dodici milioni di fotografie di bambini stuprati, mezzo milione di filmini, oltre due milioni di bambini coinvolti di età compresa tra 0 e 12 anni, il 90% di razza bianca, l’80% europei, il 70% femmine, il 30% maschi. Settantamila siti pedofili già denunciati da Telefono Arcobaleno.

Seguendo le indicazioni fornita dal DSM-V (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali), come meglio verrà spiegato più avanti, la pedofilia è inserita nel capitolo delle parafilie ed è definita come un paradigma frutto di fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti che in generale riguardano oggetti inanimati, sofferenze e umiliazioni di se stessi o del partner, bambini o altre persone non consenzienti. La pedofilia, in sostanza, ha la propria caratteristica parafilica focalizzata nell’attività sessuale ricorrente con bambini prepuberi, generalmente di tredici anni o più piccoli. Le attività sessuali perpetrate dai pedofili sono da questi ritenute legittime poiché sono considerate atti educativi, inoltre spesso e volentieri, il pedofilo giustifica il suo atteggiamento perchè stimolato dalla provocazione dei bambini stessi.

I pedofili e più in generale gli abusanti, possono essere persone apparentemente rispettabili, gentili, accudenti e premurose nei confronti del bambino; possono cercare di avvicinarlo senza destare sospetti, conquistandosi la sua fiducia e quella dei suoi familiari. Spesso, infatti, il modo migliore per avere accesso a bambini in assenza dei loro genitori è guadagnare la fiducia di questi ultimi. Spesso sottovalutano la gravità di ciò che stanno compiendo, convincendosi di non arrecare alcun danno al bambino e, anzi, facendogli credere stesso di stare giocando con lui, dimostrandogli il proprio affetto. Inoltre, il rapporto di conoscenza tra bambino e abusante rende il fenomeno dell’abuso sessuale nell’infanzia particolarmente complesso e difficile da riconoscere: i bambini stessi possono nutrire sentimenti contrastanti nei confronti dell’abusante, che come è evidente nel caso dei familiari, può essere una persona a cui sono affezionati e di cui si fidano.

Il pericolo del pedofilo è un pericolo reale per il bambino e non possiamo pretendere che il piccolo si difenda da solo. Il bambino, non è in grado di difendersi perché è tipico del periodo della crescita mantenere un atteggiamento di fiducia nei confronti del mondo esterno e quando questa fiducia viene colpita o sconfessata, la relazione che il bambino stabilisce con il mondo rimane amputata, e finisce per costituire un limite grave al suo sviluppo psicologico. Insegnare a difendersi non significa insegnare a sospettare di tutto, perché il clima di sospetto blocca il bambino, che non esplora più il mondo, non fa più le esperienze che lo fanno crescere. La libertà, la spensieratezza, la fiducia sono beni troppo preziosi per essere immolati sull’altare della paura. Ad un bambino non si può insegnare la diffidenza, anzi è importante educarlo a voler bene, a stabilire relazioni positive, a rispettare se stesso e gli altri perché è qui il punto: è nel rispetto di se stessi la chiave della protezione e dell’autoprotezione.

Per quanto riguarda la protezione dei minori, prevenire significa innanzitutto favorire e potenziare tutte quelle condizioni individuali, familiari e sociali che proteggono un bambino, ostacolando il verificarsi di un abuso. È importante ricordare che una prevenzione efficace parte, ancor prima che da interventi strutturati e focalizzati sul tema dell’abuso o della pedofilia, da un contesto educativo e familiare capace di dare ascolto al bambino e ai suoi bisogni, nelle differenti fasi evolutive.

Per la maggior parte dei bambini un evento traumatico è una nuova esperienza e come tutte le nuove esperienze ignote, creano confusione e paura. Il trauma può modificare il significato che il bambino ha del mondo, un evento traumatico infatti mette in discussione le convinzioni di stabilità e di sicurezza che il bambino ha della realtà che lo circonda. I bambini piccoli molte volte non possono capire cosa è successo e saranno spaventati e confusi dalla reazioni dei loro fratelli e sorelle o di chi si prende cura di loro.

Nel periodo successivo al trauma il bambino cercherà di riorganizzare, rivalutare e recuparare il  significato del  mondo  prima del trauma. Molti dei sintomi emotivi, comportamentali e cognitivi nella fase acuta  post-traumatica è dovuto a questo recupero di significato.

L’ascolto e l’educazione emotiva costituiscono, dunque, i capisaldi della prevenzione primaria: ascoltare i bambini, ogni loro curiosità, dubbio o paura, è la prerogativa fondamentale per comprenderne i bisogni ed offrire loro risposte adeguate. Allo stesso modo, se un bambino è aiutato a riconoscere le emozioni, ad esprimerle e a gestirle, più facilmente saprà riconoscere una situazione di difficoltà e saprà chiedere aiuto.

Dott.ssa Rosetta Cappelluccio
Psicologa Psicoterapeuta