Giornata mondiale dei diritti dei bambini e degli adolescenti
Io chiedo il diritto di essere bambino,
di essere speranza di un mondo migliore,
chiedo di poter crescere come persona.
Sarà che posso contare su di te?
Madre Teresa di Calcutta
Lavoro a diretto contatto con bambini e adolescenti, con sguardi ed emozioni che penetrano nell’animo di chi incrocia i loro occhi, soprattutto se vivono storie capaci di togliere loro spensieratezza e vivacità, perché, non poche volte, sono privati crudamente di diritti inviolabili e imprescindibili.
Ci sono, di fatto, bambini che soffrono quotidianamente, e anche se il dolore e la sofferenza non possono misurarsi fino in fondo, ci sono situazioni obiettivamente difficili che dovrebbero richiamare maggiormente l’attenzione di chi ha il dovere di intervenire, a difesa e a tutela di bambini e adolescenti.
Significherebbe, come ripeto più e più volte, intervenire prima che sia troppo tardi, prima, quindi, di doversi ridurre a commentare notizie di cronaca spiazzanti.
La giornata mondiale dei diritti dei bambini e degli adolescenti si inserisce in questo ordine di idee contestuale in cui i diritti dei bambini sono difesi e tutelati. Il 20 novembre non è una data casuale, ma è stata scelta perché in questo stesso giorno del 1989 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, un documento che riconosce i bambini e gli adolescenti come aventi diritti civili, politici, sociali, culturali ed economici.
Può bastare una giornata dedicata all’infanzia per risolvere tutti i problemi che attualmente esistono e ancora tormentano?
Soltanto una giornata certamente non basterebbe, ma di fatto non è così in quanto si tratta di un documento internazionale di grande rilevanza, anche sul piano pratico.
Non sono qui, però, a ricordare l’importanza e la validità fattiva di convenzioni mondiali, piuttosto il mio intento è di fare il focus sulla necessità, continua e costante, di porre attenzione all’infanzia e all’adolescenza come parti fondamentali dell’esistenza di ciascuno.
Al di là dell’impegno e della capacità di sensibilizzare o meno, la sofferenza a cui sono sottoposti i nostri bambini e i nostri adolescenti è ancora significativa e perpetrante.
L’infanzia è un periodo che non può essere trascurato, sono i momenti in cui si mettono le radici, è la costruzione di tutto ciò che seguirà negli anni a venire e, dunque, nella vita adulta.
Di cosa hanno bisogno i bambini?
Se scegliessi di rispondere con una frase, direi che hanno bisogno di un tocco di gentilezza. Mi spiego meglio. La gentilezza, o meglio la gentilezza amorevole, la Love Kindness, è un concetto che permette di entrare in relazione con se stesso e con l’altro con apertura, disponibilità, accettazione, senza giudizio e con la curiosità di ascoltare senza soppesare.
Possono sembrare queste un insieme di parole dolci ma di difficile attuazione.
E invece, anche se si tratta di cambiamenti, e i cambiamenti non avvengono mediante bacchette magiche e ricette precostituite veloci e sbrigative, è proprio ciò che servirebbe, in termini di efficacia, per ridare spensieratezza, sicurezza e protezione ai bambini. Ed è fattibile.
Ogni persona, a partire dai primissimi attimi di vita, ha l’esigenza di soddisfare dei bisogni universali, quali la sicurezza, l’autonomia, la competenza, la libertà di esprimere emozioni, l’accettazione, la spontaneità, il ricevere limiti e regole, l’empatia, la protezione dalla minaccia e dall’abuso, l’amore, la cura e l’attenzione.
Se tali bisogni non vengono soddisfatti adeguatamente, il bambino crescerà e maturerà nella sofferenza, compromettendo, inoltre, il funzionamento globale della vita adulta.
La gentilezza è uno degli strumenti pratici, che permette, anzitutto, di osservare e accogliere tali bisogni, e poi ha ampiamente dimostrato di essere un’arma potente per attivarsi e soddisfarli.
Le esperienze infantili e adolescenziali difficili e traumatizzanti che si registrano sono ancora tante, direi troppe. E ancora tante sono quelle che passano inosservate perché non emergono, in quanto soggiacciono negli ambienti familiari come segreti da nascondere e da non far trapelare.
Un’alternativa a tutto questo è sempre racchiudibile in una parola: prevenzione.
Una parola che, però, è solo la porta che apre ciò che c’è dietro: l’oltre.
Una prevenzione che passa certamente per una sana sensibilizzazione e per una informazione coerente, professionale e competente, ma che non può non abbracciare interventi educativi di spessore.
Parlo di interventi strutturati di educazione emotiva, basati sul cambiamento, sulla crescita e sulla consapevolezza, ove il bambino e l’adolescente vengano visti nella loro totalità e nei loro bisogni, e ove possano essere letteralmente “salvati” laddove ce ne fosse bisogno.
Una prevenzione che è tutt’altro che un concetto statico, solo così potremmo varcare la porta e conoscere le possibilità del guardare l’oltre, senza fermarsi a ciò che appare a occhi poco attenti e per niente gentili.
Dott.ssa Rosetta Cappelluccio
Psicologa Psicoterapeuta